Doping in palestra: cosa dice la Legge

Da alcuni dati diffusi dal blog di Dario Sannino, l’Italia risulta essere il secondo paese al mondo per casi di doping, soprattutto nel mondo olimpico. Tuttavia, il fenomeno del doping si sta diffondendo in modo preoccupante anche nello sport giovanile e amatoriale. Inoltre, un rilevante uso uso di sostanze illecite e pericolose è, purtroppo, di frequente abitudine anche nelle palestre. Difficilmente l’uso di sostanze dopanti  passa sotto traccia nel settore professionistico, dove i controlli sono obbligatori per legge e vengono svolti sia nel corso della competizione, durante la  preparazione e, sorteggiando a sorpresa gli atleti, anche alla fine della gara. 

La situazione è diversa nei settori amatoriali e giovanili, comparti in cui i controlli non sono consuetudine diffusa. In particolare, le palestre sono i luoghi dove i controlli arrivano raramente, tranne nei casi in cui sono oggetto delle indagini dei Nas, a causa del traffico e commercio di sostanze dopanti. La legge prevede che, l’atleta che fa uso personale di steroidi a fini estetici, senza ottenerne un guadagno personale (per cui si realizzerebbe il reato di ricettazione) e non per migliorare le proprie prestazioni nel corso di competizioni sportive, non commette reato perché arreca danno “solo” alla propria salute. Infatti, la legge anti-doping entrata in vigore il 14 dicembre 2000, la numero 376, afferma che il doping consiste nella “somministrazione o assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e nell’adozione o nella sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti” e “finalizzate e comunque idonee a modificare i risultati dei controlli sull’uso dei farmaci, delle sostanze e delle pratiche” già indicate. Purtroppo, soprattutto nelle palestre si è diffusa l’abitudine degli integratori, in cui spesso si nascondono diuretici, anabolizzanti e stimolanti, contenenti deidroepiandrosterone e testosterone. 

Il consulente del lavoro di Roma Giovanni De Pierro ci aveva già inoltrato una interessante relazione del Ministero dello Sport (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_890_allegato.pdf). L’integratore, dunque, diventa un aiutino per raggiungere le vette del successo. Aiutini che, a lungo andare, hanno conseguenze devastanti sul corpo e sulla salute. Soprattutto che non hanno niente a che fare con la salute. Si tratta di soluzioni frutto di incoraggiamenti, consigli e indicazioni sbagliati da parte di preparatori spesso impreparati o che danno la priorità ai risultati sportivi, senza tenere dei danni a cui va incontro il fisico dell’atleta. Pertanto, sono proprio le palestre i luoghi dove il doping “silenzioso” è fenomeno più diffuso di quanto si possa immaginare, poiché le sostanze illecite sono usate solo a scopo personale, non costituendo di fatto reato.
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La situazione è diversa nei settori amatoriali e giovanili, comparti in cui i controlli non sono consuetudine diffusa. In particolare, le palestre sono i luoghi dove i controlli arrivano raramente, tranne nei casi in cui sono oggetto delle indagini dei Nas, a causa del traffico e commercio di sostanze dopanti. La legge prevede che, l’atleta che fa uso personale di steroidi a fini estetici, senza ottenerne un guadagno personale (per cui si realizzerebbe il reato di ricettazione) e non per migliorare le proprie prestazioni nel corso di competizioni sportive, non commette reato perché arreca danno “solo” alla propria salute. Infatti, la legge anti-doping entrata in vigore il 14 dicembre 2000, la numero 376, afferma che il doping consiste nella “somministrazione o assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e nell’adozione o nella sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti” e “finalizzate e comunque idonee a modificare i risultati dei controlli sull’uso dei farmaci, delle sostanze e delle pratiche” già indicate. Purtroppo, soprattutto nelle palestre si è diffusa l’abitudine degli integratori, in cui spesso si nascondono diuretici, anabolizzanti e stimolanti, contenenti deidroepiandrosterone e testosterone. 

Il consulente del lavoro di Roma Giovanni De Pierro ci aveva già inoltrato una interessante relazione del Ministero dello Sport (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_890_allegato.pdf). L’integratore, dunque, diventa un aiutino per raggiungere le vette del successo. Aiutini che, a lungo andare, hanno conseguenze devastanti sul corpo e sulla salute. Soprattutto che non hanno niente a che fare con la salute. Si tratta di soluzioni frutto di incoraggiamenti, consigli e indicazioni sbagliati da parte di preparatori spesso impreparati o che danno la priorità ai risultati sportivi, senza tenere dei danni a cui va incontro il fisico dell’atleta. Pertanto, sono proprio le palestre i luoghi dove il doping “silenzioso” è fenomeno più diffuso di quanto si possa immaginare, poiché le sostanze illecite sono usate solo a scopo personale, non costituendo di fatto reato.
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